L'intera storia di Gesù, come ci viene narrata dai Vangeli, è la storia di un Uomo (l'Uomo) che, essendo Dio, non cessa un solo istante di preoccuparsi di portare la Parola del Padre che lo ha mandato (e con essa la Salvezza) a tutti gli uomini (fermo restando che saranno solo quelli "di buona volontà" ad avvalersene). In ogni parola, ogni gesto, ogni parabola; nella motivazione di ogni evento miracoloso che Gesù compie, nel meraviglioso monologo della Montagna, nell'eroico atteggiamento di fronte al supplizio e nell'umanissima accettazione della morte, Gesù non cessa un attimo di proporre il suo insegnamento, lucido, coerente, inflessibile, agli uomini. Ogni sua parola è indirizzata al fine della salvezza dell'Umanità, ogni suo comportamento tende ad un solo scopo: proporsi come il Messia, Colui che rinnova, Quello che apre la strada, il Pacificatore, Colui che, unico nell'intero panorama della storia, può dare, anche quando tutto sembra perduto, la Speranza.
Dai Vangeli tutti, anche dal Vangelo di Giovanni che è indubbiamente quello che si occupa meno della cronaca degli avvenimenti terreni e più dell'insegnamento divino di Gesù, emerge la biografia di un Uomo straordinario, un Uomo dotato di una coerenza adamantina, di una Perfezione che lo rende immediatamente, a chiunque lo osservi da un punto di vista non prevenuto, straordinario. Dalla lettura e dall'esame approfondito dei Vangeli, emerge con stupefacente chiarezza che un Uomo come Gesù non c'era mai stato e, dopo di Lui, non ci sarà più fino alla "fine del mondo", nel giorno del Giudizio, quando Gesù verrà, alla destra del Padre a giudicare i vivi e i morti.
C'è però un momento, ed è un momento unico ed inaudito in tutti i Vangeli, in cui Gesù nasconde il suo pensiero e, benché non interrogato al riguardo, evita di fornire una spiegazione ad un atto che rimane, per il lettore e per lo stesso evangelista, segreto o meglio, misterioso.
L'atto in questione è narrato da Giovanni, quando parla dell'episodio della lapidazione dell'adultera, ed è un atto talmente insolito da sembrare estraneo allo stesso Vangelo. Purtuttavia è un atto divino (essendo compiuto da Gesù); come tale ha una sua ragione ed un suo significato preciso e richiede, quindi, una riflessione.
Vediamo allora cosa scrive Giovanni (GIOV; 8: 6-8):
"...(i farisei) gli dissero: "Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare tali donne: tu che ne dici?" Dicevano questo per metterlo alla prova, per poterlo accusare. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra. E siccome continuavano ad interrogarlo, egli si alzò e disse loro: "Chi di voi è senza peccato scagli per primo la pietra contro di lei". E chinatosi, di nuovo, scriveva in terra."
Indubbiamente si tratta della cronaca precisa fino ai dettagli di un fatto drammatico: una donna viene portata in giudizio perché sorpresa in flagranza di reato (adulterio). La Legge (di Mosè) "comanda" (addirittura) di lapidare le donne colpevoli di questo delitto e i farisei (pretestuosamente) domandano a Gesù quale è il suo pensiero in proposito. Gesù non risponde direttamente, non si sente chiamato in causa come persona, comprende le motivazioni di tale domanda e risponde, come spesso fa, in maniera indiretta ma assolutamente esaustiva rispetto alla "natura" della domanda stessa. Risponde da Dio quale Egli è, con un precetto, un ordine che è anche un motivo di autoriflessione amara sulla stessa condizione umana. Gli uomini, in quanto peccatori (e anche i farisei confusi, non potranno obiettare a questo) non sono giustificati a giudicare i peccati altrui. Il giudizio spetta solo a chi E' senza peccato: a Dio. La risposta è di tale portata che pone fine immediatamente al contendere dialettico tra le parti. Gesù ha vinto ancora: le Sue parole prevaricano e superano in altezza e in profondità ogni cognizione umana; Egli, ancora una volta, ha confuso i peccatori nascosti e ha salvato la peccatrice svelata, l'adultera annichilita dalla colpa, distrutta dalla certezza della condanna, salvata dalla compassione divina. Lui è Dio fattosi uomo e sa come parlare agli uomini.
Ma c'è l'aspetto inspiegabile e straniante (come una fuga per la tangente dalla mera cronaca dei fatti) delle Sue parole "scritte" per terra. Nessuno riesce a leggerle, nessuno sa cosa c'è scritto. L'atto è importante: Gesù scrive proprio nell'imminenza della sua risposta come se ci fosse una relazione, un rapporto di causa effetto tra ciò che scrive e la risposta che dà. E anche dopo la sua risposta ("Chi è senza peccato..."), di nuovo, chinatosi a terra, continua a scrivere. Giovanni non commenta questo atto ma, anche se lo ritiene della più grande importanza (importante al punto dall'averlo citato, per ben due volte, e con il massimo risalto possibile, nel suo Vangelo) non lo commenta e non procede oltre.
Come è possibile? Gesù scrive e nessuno legge o riporta le sue parole! Nessun commento su questo avvenimento eccezionale (si tratta selle uniche parole scritte da Gesù in tutti i Vangeli), al punto che il fatto che Dio fattosi uomo si china per terra e scrive di propria mano (col dito) alcune parole misteriose, può passare per un refuso logico, una stranezza letteraria, una anomalia dei traduttori.
Io non penso che sia così. Giovanni non cita le parole che Gesù scrisse per terra perché tali parole "erano incomprensibili" agli uomini: in esse c'era addirittura il mistero dell'esistenza e della condizione umana. Ricordiamoci che esse vengono scritte nell'imminenza di una crudele esecuzione capitale, in un contesto altamente drammatico che poteva sembrare senza alcuna via di uscita. Gesù, in quanto Dio, illuminando con la Parola del Signore le coscienze dei Farisei salva la peccatrice, così come, con la sua Parola salverà ognuno che voglia riconoscerlo come Dio, ma il mistero della colpa e del peccato è ancora indicibile: viene comunicato ma non può ancora essere espressamente svelato. E le parole scritte sulla polvere, portate via dal vento, non possono essere ancora rivelate. Ma c'è ancora un aspetto da chiarire. La scrittura di Dio non è concepibile, meglio è inaccessibile, ai mortali e non può essere che così. Nella doppia natura umana-divina di Gesù, la scrittura "ermetica" di Cristo rappresenta ancora una volta il suo essere Dio; come tale Egli ci aspetta alla fine di questo tempo quando alla Sua presenza, nella nuova Vita, nulla ci sarà taciuto; tutto ci sarà svelato.
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