Quali sono le cose che valgono veramente? Quali sono quelle che merita veramente di fare, di perseguire, quelle a cui tendere, alle quali impegnarsi? Le cose, i fatti, i pensieri, i ragionamenti, i comportamenti, gli esempi da privilegiare e, al contrario, quelli per cui non merita nemmeno spendere una parola, un pensiero, nemmeno un fugace giudizio fosse pure pieno di disprezzo. Gli anni passano e la mente rischia di perdersi nel mare di stimoli fasulli che ci sommerge. Possiamo resistere ed anzi maturare e trarre vantaggio dall'età solamente, prima riconoscendo, e poi aggrappandoci con tutte le nostre forze, a quello che veramente vale.

domenica 26 giugno 2011

Morti e sepolti

Ci sono verità che non hanno bisogno di essere rivelate; esse sono talmente evidenti che sono acclamate da ogni popolo, riconosciute da ogni civiltà, fin da quando l’Uomo ha dato notizie, alla storia, di sé. Da quando gli uomini hanno popolato la Terra essi hanno sempre reso grazie al loro Creatore. Si può dire che le prime consapevolezze che gli uomini hanno avuto, sia sprofondando lo sguardo negli abissi celesti nelle notti stellate, sia rimirando attoniti il volto di un loro simile avviluppato nell’abbraccio della Morte, sono state due: l’esistenza di un Dio e l’immortalità della loro anima. Prima di dotarsi di un linguaggio, di erigere un monumento, di fondare una città essi hanno reso grazie a Colui che riconoscevano e adoravano come loro Creatore e Signore ed hanno onorato i loro morti nei modi tipici di chi sa che il defunto ha solo intrapreso un viaggio, che non è scomparso per sempre. Non è esistito un solo agglomerato sociale, in ogni continente, in ogni epoca, che sia potuto svilupparsi e progredire “a prescindere” dalla sua fede in un creatore, sia stato esso un essere celeste, un idolo, una forza della natura, una potenza esoterica o comunque una qualunque forma degna di essere onorata e venerata. Un dio. E non è esistito un solo popolo, sia abitante di un piccolo villaggio che facente parte di una grande civiltà che non abbia sentito il bisogno di onorare i morti in forme che, tutte, presupponevano la certezza di “un’altra vita”. Intere civiltà sono conosciute solo grazie ai loro monumenti funebri e alle loro necropoli: nessun uomo, non ancora plagiato dalla storia  con le sue efferatezze logiche e le sue ignominie ideologiche, poteva pensare che, con la morte, sarebbe scomparso per sempre; nelle tombe si mettevano monete, monili e cibo che potevano essere utili nel lungo viaggio mentre i cadaveri venivano mummificati perché restassero il più possibile simili a quello che erano, quando sarebbero giunti al cospetto delle potenze dell’aldilà.
Gli uomini, non ancora civilizzati, “sentivano” ciò che ora si tende a voler cancellare, ciò che ora quasi ci si vergogna di dire; sapevano che erano figli di un Dio Creatore e che, con la loro morte terrena, la loro Vita non sarebbe finita.
Al di là della siepe...
E noi oggi siamo nelle stesse condizioni dei nostri predecessori. Solo, condizionati da mille concause, abbiamo perso il dono della semplicità e dell’evidenza e, in preda a mille dubbi, a mille vergogne e a mille paure, stentiamo a riconoscere ciò che c’è, che è davanti agli occhi della nostra mente con l’evidenza sfrontata di una verità incancellabile e, paurosi della presenza di un Dio onnipotente ma incapaci di dare una risposta diversa e soddisfacente, releghiamo tutto al caso o alle teorie più fallaci e strampalate.
Ma Dio c’è. E’ buono, è paziente, e ci aspetta…


r.m.

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