Si parlava del più e del meno quando Dolfo (un mio amico, di qualche anno più giovane di me) mi ha fatto a bruciapelo: "Beato te che sei in pensione! Beato te che puoi dedicarti al dolce-fa-niente! Me la immagino sai la tua giornata: alzarsi tardi, fare colazione con calma, uscire a comprare il giornale e poi andarsene tranquillamente a leggerlo con calma ai giardinetti. Qualche chiacchierata con gli amici, poi aperitivo al bar e quindi a casa, per pranzo. Dopo mangiato una corroborante pennichella, una visita ai nipoti, passeggio con la moglie a visitar negozi e a sera, o a cena al ristorante con qualche coppia di amici o, se è inverno, a casa, in pantofole, a vedere la TV o a coltivare i tuoi hobbies. Una pacchia! Un Paradiso! E io che devo lavorare ancora altri cinque anni!" ha concluso con un sospiro. Insomma: poiché ero più vecchio di lui mi invidiava, il cretino. La cosa, oltre a non essere vera, mi ha un pò sorpreso così ho provveduto a ristabilire la verità delle cose.
"Vedi Dolfo, forse, e non è certo, vorrei che fosse come tu pensi ma purtroppo, anzi, per fortuna, non è così. Non ho molto tempo libero per dedicarmi alle piacevoli occupazioni che immagini. Sono occupato. Occupatissimo. Anzi, sono più occupato adesso che ai tempi in cui ero impiegato, correvo su e giù per l'Italia e dovevo darmi da fare in tutti i modi per cercar di mandare avanti la famiglia. Sono occupato e preoccupato. E ho paura di non avere il tempo che vorrei per poter portare a compimento, in modo soddisfacente, (e voglio, e devo farlo) i còmpiti che mi attendono e che mi impegnano notte e giorno. Si tratta di raggiungere due obiettivi difficilissimi, almeno per me. E per farlo devo dedicare a loro ogni ora del tempo che mi rimane, sperando che basti perché la loro riuscita è una questione di vita o di morte. La mia, voglio dire."
"Due còmpiti? Ma di che parli?" ha chiesto esterrefatto Dolfo. Non gli pareva possibile che, uno che era andato in pensione e poteva quindi (pensava lui) riposarsi, potesse esser preoccupato per il timore di non riuscire a portare a termine certi obiettivi. Ho cercato quindi di chiarire meglio quello che volevo dire.
"Dolfo, amico mio, ascolta bene e capirai quali sono gli impegni ai quali mi riferivo. Ti ho detto che sono due; voglio essere ancora più chiaro dicendoti che del primo, che è un impegno che non mi sono assunto volontariamente ma che non posso eludere, farei assai volentieri a meno, mentre il secondo, che ho personalmente e responsabilmente voluto e cercato, è conseguenza diretta del primo alle cui drammatiche conseguenze può porre rimedio."
Beh, la spiegazione era indubbiamente un pò criptica. Infatti al termine delle mie parole Dolfo ha unito le dita delle mani portandosele sotto il mento e agitandole in su e in giù come a dire: "Ma che stai a dì?" (Dolfo è di origine romana). Perché tenerlo sulle spine? Ho parlato:
"Vedi, il fatto è che sono occupatissimo ad allevare due.. due persone, a farle crescere, a nutrirle fino a renderle complete e formate. Sono due che vivono con me, abitano con me, mangiano con me, dormono con me e non si allontanano mai da me, né di giorno né di notte. La prima sta con me fin da quando sono nato; anche se non è importuna e cerca di non dare nell'occhio, è invadente per sua stessa natura. Pensa Dolfo che qualunque cosa io faccia, qualunque giorno io viva, qualunque comportamento io tenga, tutto influisce su questa persona e d'altra parte ogni suo progresso verso una completa autonomia determina un mio decadimento sia fisico che mentale. Sono talmente abituato alla sua presenza che non mi accorgo nemmeno che ci sia; purtuttavia non cesso un solo istante, anche senza rendermene conto, di operare perché si completi, perché si perfezioni fino al punto di essere perfetta e possa esistere di per sé stessa e non vegetare nascosta, alla mia ombra. Allora potrò (o, a dir meglio, dovrò) veramente lasciarla andare per la sua strada senza alcun rimpianto, e potrò riposarmi, finalmente, ma solo a patto di avere, nel frattempo, realizzato in modo soddisfacente il mio secondo obiettivo e cioè: solo se sarò riuscito, per quel tempo, ad allevare e a formare completamente la seconda persona, quella che sta con me da meno tempo, ma che mi occupa più a fondo, e che oltre a richiedere più energie e determinazione da parte mia necessita anche di un fondamentale aiuto esterno."
"Ma insomma! Mi vuoi dire finalmente e senza giri di parole chi sono queste due persone che ti impegnano così tanto?" ha sbottato Dolfo, al quale, scarso di fantasia, gli indovinelli non piacciono affatto.
"Le persone alle quali mi riferisco non hanno un vero e proprio nome. Io le chiamo: il Morto e il Vivo. Il Morto è nato nello stesso istante in cui sono nato io e da allora vive con me. Letteralmente; al punto che sarebbe più opportuno dire che vive 'in' me". Quasi non mi accorgo di lui per come mi assomiglia. Gli altri non lo notano neppure: è talmente simile a me che si nasconde dietro la mia faccia. Gli altri vedono me e spesso non sanno di vedere lui. Da parte mia cerco di prepararlo bene, con cura, anche se mi accorgo che, per il momento non è ancora perfetto. Solo allora, quando sarà diventato, grazie alle mie cure incessanti e al tempo che passa (il tempo è un elemento fondamentale in questa impresa), il vero e unico Cadavere di me stesso, solo allora potrò lasciarlo al suo destino. A quel punto la mia opera sarà veramente compiuta e io potrò uscire di scena al punto che, c'è da scommetterci, nessuno riuscirà più a vedermi in giro.
Ma per quel giorno sarà estremamente importante, anzi di più: essenziale, che abbia terminato l'allevamento, la costruzione, la definitiva formazione della seconda persona; quella che mi preoccupa di più: il Vivo.
Questo, a differenza del Morto, non è da tanto che è oggetto delle mie cure, ma da quando l'ho scoperto (e non solo per mio merito) ho deciso di dedicarmi anima e corpo a lui, per irrobustirlo, nutrirlo, curarlo e per fare in modo che possa subentrare a me quando dovrò lasciar campo libero al Morto. Ovviamente anche se per semplicità lo chiamo il Vivo, egli non lo sarà che al completamento delle mie incessanti premure affinché si rafforzi, abbia fiducia in sé stesso e possa, in piena libertà di coscienza, iniziare la sua nuova Vita anche senza di me. Anzi, lo potrà fare solo senza di me. Da ciò avrai capito che dipende da me costruire sia il Morto che il Vivo e che devo compiere questi còmpiti in tempo utile il che vuol dire che dovrò aver preparato e formato compiutamente il Vivo prima del Morto (o almeno contemporaneamente). Se così non fosse, se non riuscissi a costruire il Vivo in tempo utile, tutta la mia vita non avrebbe avuto alcun significato. Il Morto subentrerebbe a me ed io, non avendo sottomano un Vivo al quale conferire quello che resta della mia esistenza, morirei definitivamente con lui. Ma non preoccuparti, lavoro alacremente su tutti e due e senza risparmiarmi. La mia preoccupazione è quella di frenare il Morto (che preme per uscire allo scoperto e mostrarsi al mondo) e accelerare la formazione del Vivo. Con questo genere di responsabilità sulle spalle capirai che sono occupatissimo e tempo da buttare via proprio non ne ho ed avrai anche compreso perché ti ho detto che la riuscita del mio obiettivo (formare il Vivo in tempo utile) è questione di vita o di morte. Anzi, invertendo i termini, di morte e di vita. Di Vita Eterna."
Potevo usare altre parole, d'accordo, ma Dolfo aveva capito lo stesso. L'ho visto dal suo sguardo, quello che mi ha lanciato quando ci siamo salutati:
"Ciao, amico" mi ha detto "credo che anche io dovrò cercare di svolgere quei certi còmpiti. Anzi: sarà bene che mi ci impegni da subito. Senza aspettare di essere in pensione".
"Due còmpiti? Ma di che parli?" ha chiesto esterrefatto Dolfo. Non gli pareva possibile che, uno che era andato in pensione e poteva quindi (pensava lui) riposarsi, potesse esser preoccupato per il timore di non riuscire a portare a termine certi obiettivi. Ho cercato quindi di chiarire meglio quello che volevo dire.
"Dolfo, amico mio, ascolta bene e capirai quali sono gli impegni ai quali mi riferivo. Ti ho detto che sono due; voglio essere ancora più chiaro dicendoti che del primo, che è un impegno che non mi sono assunto volontariamente ma che non posso eludere, farei assai volentieri a meno, mentre il secondo, che ho personalmente e responsabilmente voluto e cercato, è conseguenza diretta del primo alle cui drammatiche conseguenze può porre rimedio."
Beh, la spiegazione era indubbiamente un pò criptica. Infatti al termine delle mie parole Dolfo ha unito le dita delle mani portandosele sotto il mento e agitandole in su e in giù come a dire: "Ma che stai a dì?" (Dolfo è di origine romana). Perché tenerlo sulle spine? Ho parlato:
"Vedi, il fatto è che sono occupatissimo ad allevare due.. due persone, a farle crescere, a nutrirle fino a renderle complete e formate. Sono due che vivono con me, abitano con me, mangiano con me, dormono con me e non si allontanano mai da me, né di giorno né di notte. La prima sta con me fin da quando sono nato; anche se non è importuna e cerca di non dare nell'occhio, è invadente per sua stessa natura. Pensa Dolfo che qualunque cosa io faccia, qualunque giorno io viva, qualunque comportamento io tenga, tutto influisce su questa persona e d'altra parte ogni suo progresso verso una completa autonomia determina un mio decadimento sia fisico che mentale. Sono talmente abituato alla sua presenza che non mi accorgo nemmeno che ci sia; purtuttavia non cesso un solo istante, anche senza rendermene conto, di operare perché si completi, perché si perfezioni fino al punto di essere perfetta e possa esistere di per sé stessa e non vegetare nascosta, alla mia ombra. Allora potrò (o, a dir meglio, dovrò) veramente lasciarla andare per la sua strada senza alcun rimpianto, e potrò riposarmi, finalmente, ma solo a patto di avere, nel frattempo, realizzato in modo soddisfacente il mio secondo obiettivo e cioè: solo se sarò riuscito, per quel tempo, ad allevare e a formare completamente la seconda persona, quella che sta con me da meno tempo, ma che mi occupa più a fondo, e che oltre a richiedere più energie e determinazione da parte mia necessita anche di un fondamentale aiuto esterno."
"Ma insomma! Mi vuoi dire finalmente e senza giri di parole chi sono queste due persone che ti impegnano così tanto?" ha sbottato Dolfo, al quale, scarso di fantasia, gli indovinelli non piacciono affatto.
"Le persone alle quali mi riferisco non hanno un vero e proprio nome. Io le chiamo: il Morto e il Vivo. Il Morto è nato nello stesso istante in cui sono nato io e da allora vive con me. Letteralmente; al punto che sarebbe più opportuno dire che vive 'in' me". Quasi non mi accorgo di lui per come mi assomiglia. Gli altri non lo notano neppure: è talmente simile a me che si nasconde dietro la mia faccia. Gli altri vedono me e spesso non sanno di vedere lui. Da parte mia cerco di prepararlo bene, con cura, anche se mi accorgo che, per il momento non è ancora perfetto. Solo allora, quando sarà diventato, grazie alle mie cure incessanti e al tempo che passa (il tempo è un elemento fondamentale in questa impresa), il vero e unico Cadavere di me stesso, solo allora potrò lasciarlo al suo destino. A quel punto la mia opera sarà veramente compiuta e io potrò uscire di scena al punto che, c'è da scommetterci, nessuno riuscirà più a vedermi in giro.
Ma per quel giorno sarà estremamente importante, anzi di più: essenziale, che abbia terminato l'allevamento, la costruzione, la definitiva formazione della seconda persona; quella che mi preoccupa di più: il Vivo.
Questo, a differenza del Morto, non è da tanto che è oggetto delle mie cure, ma da quando l'ho scoperto (e non solo per mio merito) ho deciso di dedicarmi anima e corpo a lui, per irrobustirlo, nutrirlo, curarlo e per fare in modo che possa subentrare a me quando dovrò lasciar campo libero al Morto. Ovviamente anche se per semplicità lo chiamo il Vivo, egli non lo sarà che al completamento delle mie incessanti premure affinché si rafforzi, abbia fiducia in sé stesso e possa, in piena libertà di coscienza, iniziare la sua nuova Vita anche senza di me. Anzi, lo potrà fare solo senza di me. Da ciò avrai capito che dipende da me costruire sia il Morto che il Vivo e che devo compiere questi còmpiti in tempo utile il che vuol dire che dovrò aver preparato e formato compiutamente il Vivo prima del Morto (o almeno contemporaneamente). Se così non fosse, se non riuscissi a costruire il Vivo in tempo utile, tutta la mia vita non avrebbe avuto alcun significato. Il Morto subentrerebbe a me ed io, non avendo sottomano un Vivo al quale conferire quello che resta della mia esistenza, morirei definitivamente con lui. Ma non preoccuparti, lavoro alacremente su tutti e due e senza risparmiarmi. La mia preoccupazione è quella di frenare il Morto (che preme per uscire allo scoperto e mostrarsi al mondo) e accelerare la formazione del Vivo. Con questo genere di responsabilità sulle spalle capirai che sono occupatissimo e tempo da buttare via proprio non ne ho ed avrai anche compreso perché ti ho detto che la riuscita del mio obiettivo (formare il Vivo in tempo utile) è questione di vita o di morte. Anzi, invertendo i termini, di morte e di vita. Di Vita Eterna."
Potevo usare altre parole, d'accordo, ma Dolfo aveva capito lo stesso. L'ho visto dal suo sguardo, quello che mi ha lanciato quando ci siamo salutati:
"Ciao, amico" mi ha detto "credo che anche io dovrò cercare di svolgere quei certi còmpiti. Anzi: sarà bene che mi ci impegni da subito. Senza aspettare di essere in pensione".